Il rapporto dell’uomo con il monte Subasio riguarda anche la flora; da un lato la pratica del dissodamento e della pastorizia e dall’altro la cultura della raccolta soprattutto dei fiori, hanno determinato nel corso degli anni la scomparsa di molte specie vegetali e la presenza di altre. Dopo il Medioevo infatti si è assistito ad un impoverimento delle varietà e quantità di vegetazione presente sul monte; la vera opera di rimboschimento iniziò durante la prima guerra mondiale ad opera dei prigionieri austro-ungarici; nel secondo dopoguerra invece importante è stato l’intervento del Corpo forestale dello stato per il controllo e la salvaguardia del territorio. Tra gli interventi più interessanti c’è quello del 1961 dell’Istituto di Entomologia dell’Università di Pavia, che ha introdotto nidi di formiche rosse utili per la lotta biologica ai parassiti delle specie arboree e la realizzazione di particelle sperimentali in cui osservare lo sviluppo di conifere ad alto accrescimento.
La stessa legge regionale 3.3.1995 n.9, istitutiva del parco del monte Subasio, ha introdotto norme di tutela volte alla valorizzazione del patrimonio naturale attraverso l’estensione della conoscenza e la fruizione rispettosa e consapevole affinché tutti e soprattutto le generazioni future possano godere delle bellezze offerte dalla natura.Importante la “Carta della vegetazione del parco regionale del monte Subasio” di Ettore Orsomando e Andrea Catorci, che delinea la geomorfologia del monte descrivendo i vari tipi di vegetazione in relazione ai vari substrati.
Nel parco possiamo distinguere tre zone: la prima è rappresentata da coltivazioni di olivi, occupa la zona più bassa del parco e arriva generalmente fino a quota 600-700 m: la coltura è presente da Assisi fino a Spello passando per Costa di Trex; Armenzano, San Giovanni e Collepino. Gli oliveti sono spesso intervallati da boschi di roverella presente nelle zone più esposte al sole e quindi meno umide.
La seconda zona è caratterizzata da boschi di latifoglie, le specie dominanti sono : lecci, carpini neri, ornelli, cerri, aceri e roverelle. Le vaste faggete, a causa dei ripetuti interventi dell’uomo avvenuti in passato, ora sono limitate ad alcune aree marginali; la faggeta più vasta è quella conosciuta con il nome “macchione”tra Armenzano e Costa di Trex. I lecci prevalgono nel versante occidentale, i carpini neri occupano il versante di sud-ovest e gli ornelli quello di nord-est.
La terza zona è costituita da conifere (pini, abeti, cedri) e da pascoli montani dove, oltre alle specie erbacee, vi è la presenza di ginepri rossi.
Sono i fiori a colorare i prati del Subasio soprattutto in primavera e in estate, ne esistono di molte specie, tra queste il narciso ( Narcissus poeticus), simbolo del monte, con un colore sfumato che va dal bianco al giallo pallido con al centro venature arancio. Questo fiore, ora protetto, in passato veniva raccolto per tradizione nel giorno dell’Ascensione per l’infiorata di Spello del Corpus Domini.
L’elenco è molto lungo: fiordalisi, orchidee, stelline purpuree, ranuncoli, crochi, viole, pratoline e molti altri ancora.
Le radici, i fiori, i frutti e le foglie di molte specie vegetali vengono utilizzate a scopo aromatizzante e alimentare, tra le più comuni ricordiamo: il ginepro, l’asparago, la rosa canina, il prugnolo, il tarassaco, la malva, la cicoria, l’ortica, il nespolo comune, il perastro, il luppolo, la vitalba.
Sulla sommità del Subasio ci sono boschi artificiali, all’inizio del ‘900 non c’erano alberi ma solo sassi. Solo la lecceta dell’Eremo benedettino è autoctono. Vi sono due faggete settentrionali sopra i 900 metri di quota: il “macchione” (comune di Assisi); l’altra è la macchia di Pale. Vicino all’abbazia delle carceri verso Abbazia S. Benedetto c’è la pineta dei prigionieri dove, nella guerra del ’15-18, fu piantato il pino nero dai prigionieri austro-ungarici.
Uno degli esempi più interessanti in Italia di lecceta d’alto fusto è quella dell’Eremo delle Carceri, tanto da essere considerata d’interesse nazionale. Si tratta di una specie mediterranea protetta dai frati che hanno abitato il monte dopo san Francesco, infatti sia Francesco che l’ordine francescano, dediti al culto e alla conservazione dei luoghi francescani, sono l’esempio tangibile del senso del rispetto per l’ambiente, ne è testimonianza il Cantico delle Creature.