In principio erano i rovi…
Tutto cominciò il primo agosto del 1988, quando una giovane coppia di lombardi, i miei genitori Elisabetta e Pierangelo, si insediarono in uno dei casali del Falcione Basso, un gruppo di case in prossimità di Armenzano, all’estrema periferia est del comune di Assisi, in mezzo alle colline che circondano questo lato del monte Subasio. Fu una scelta in controtendenza per quel periodo in cui lo spopolamento delle zone montane era arrivato al culmine, e casali e campi erano il regno incontrastato di rovi e ortiche. Quella era una zona abbandonata da ormai alcuni anni, il casale era stato costruito probabilmente durante la seconda metà del 1800, e da allora non era cambiato molto.
Prima di trasferirsi infatti avevano dovuto avviare dei lavori di ristrutturazione impegnativi: il tetto era da rifare, così come i pavimenti, gli intonaci, la totalità degli infissi e l’impianto elettrico. L’impianto idrico si riassumeva in un lavandino in cucina, in quanto non esistevano stanze da bagno, così come l’unico mezzo di riscaldamento dell’intera casa era un semplice camino a legna, che tra l’altro tirava male e riempiva la stanza di fumo. E per completare il quadro, spuntavano rovi ed erbacce in ogni anfratto. L’impresa era degna di un avventuriero delle terre selvagge, e infatti Elisabetta e Pierangelo si immersero subito nello spirito, non chiamarono nessuna ditta edile (non c’erano abbastanza soldi) e iniziarono a lavorare per rendere nuovamente abitabile il rudere. Fortunatamente non erano soli, e grazie ad un ampio giro di amici volenterosi e capaci, nel giro di pochi mesi la casa fu agibile, e noi ci insediammo subito. Certo non fu facile, specialmente i primi inverni, quando le tubature dell’acqua appena installate gelavano, e dovevano ricorrere alla neve sciolta per bere e cucinare, ma mese dopo mese, anno dopo anno aggiungevano qualcosa per rendere più confortevole l’abitazione, opera che è tutt’ora in corso!
La conquista delle comodità
Quello che oggi diamo tutti per scontato, all’epoca non lo era affatto. Oltre all’assenza totale di servizi igenici, mancavano anche una fornitura di acqua potabile costante (era già presente un pozzo profondo alcuni metri, che però funzionava solo d’inverno), un impianto di riscaldamento, e un collegamento telefonico, dato che il telefono pubblico più vicino si trovava nella frazione di San Giovanni di Spello, a 7 chilometri di distanza.
E il casolare era abbandonato solo da alcuni anni! Con un po’ di buona volontà, tanta pazienza e tanto lavoro, piano piano riuscimmo ad ottenere un discreto comfort. L’acqua potabile la pompiamo dall’acquedotto che fortunatamente passa all’interno del nostro podere, a circa 400 metri di distanza dalla casa. L’impianto di riscaldamento è stato potenziato gradualmente nel corso degli anni, e attualmente consiste in una caldaia a legna che scalda i termosifoni e produce l’acqua calda per i sanitari. Per il periodo estivo, durante il quale la caldaia rimane spenta, abbiamo installato un pannello solare con un serbatoio per l’acqua calda da 300 litri. La linea telefonica fissa ci è stata portata già da molti anni, ma solo di recente è stata potenziata per supportare una connessione ADSL. I telefoni cellulari prendono, ma solo con alcuni gestori, e non dappertutto.
Contadini si diventa!
Insieme al casale i miei genitori avevano comperato anche il podere di circa 60 ettari di campi e boschi, che mio papà iniziò subito a coltivare a cereali e fieno, per sfamare un gregge di una trentina di pecore e alcune capre. L’anno successivo all’inizio dell’avventura nacque in una delle stanze del casa mio fratello Alessandro, e sei anni dopo, sotto un’abbondante nevicata di inizio gennaio, nella stessa stanza nacque anche la mia sorellina, Maria. La famiglia cresceva, e di pari passo cresceva anche il numero di animali allevati: oltre alle già citate pecore e capre, e alle onnipresenti galline, pochi anni dopo l’insediamento avviarono anche l’allevamento di vacche nella stalla al piano terra del casale, con una brunalpina battezzata Carolona. Negli anni successivi la mandria si ingrandì, arrivando a 10 vacche con altrettanti vitelli.
Con l’aumentare degli animali, aumentò di conseguenza anche il lavoro per mantenerli: oltre alla quantità di fieno da procurare come scorta invernale, c’era anche la paglia per la lettiera. Infatti era necessario pulire la stalla dal letame due volte a giorno, un lavoro lungo e faticoso, in quanto effettuato tutto a mano con forcone e carriola. Essendo poi vacche da latte (quasi tutte brunalpine), andavano munte tutti i giorni, e il latte veniva usato da mia mamma per fare caciotte e ricotte, oltre che per la nostra colazione. Nella prima metà degli anni ’90 partì la costruzione della nuova stalla, e siccome per risparmiare molte opere furono portate avanti da mio padre e da altri amici volenterosi, i lavori si protrassero a lungo, tanto che entrò in funzione soltanto nell’autunno del 2000. Nel frattempo, nella seconda metà degli anni ’90, avevano fatto la comparsa, nei boschi intorno all’azienda, branchi di cinghiali immessi da poco, che iniziarono a procurare seri danni alle coltivazioni, e alcuni lupi, immessi presumibilmente per tenere a bada il proliferare dei cinghiali, che però preferirono fin da subito predare le indifese pecore del gregge. L’entità degli attacchi fu tale da far prendere a mio padre la decisione di vendere il gregge e dedicarsi solo all’allevamento delle vacche e di qualche maiale. Con il cambio di stalla diventò impossibile riuscire a mungere le vacche, e con il tempo sostituimmo le vecchie brunalpine con meticce brune-chianine, più adatte alla produzione di carne, fecondate da tori di razza Chianina cresciuti in azienda.
Come siamo diventati…
I locali al pianterreno, dove una volta avevamo la stalla, sono stati ristrutturati tra il 2001 e il 2003 grazie alla manodopera un gruppo di famiglie venete, che hanno collaborato in modo sostanzioso anche ad altre opere dell’azienda. Ora disponiamo di un’ampia cucina ben attrezzata, al servizio di una sala da pranzo che può ospitare fino a 30 persone, e un grande salone con pavimento in legno.
Nel corso di questi ultimi anni l’azienda ha ampliato le sue attività, grazie anche alla mia decisione di portare avanti insieme ai miei genitori questo lavoro. Dopo l’ultimo toro chianino è subentrato un toro di razza Pezzata Rossa, comprato all’età di 10 mesi e cresciuto all’interno della mandria. Ora l’azienda ha un proprio laboratorio per la lavorazione della carne sia bovina che suina, e vende sia carne fresca che insaccata e stagionata (come salami). I campi producono orzo e favino, impiegati nell’ingrasso dei vitelloni, e grano tenero, utilizzato per produrre farina. Di recente abbiamo iniziato la coltivazione e la vendita di farro perlato, orzo perlato e ceci, ma stiamo sperimentando anche altre colture come le lenticchie.
E i rovi? Beh, quelli ci sono ancora. Non crescono più davanti alle scale di casa, ma non sono molto distanti, e vanno tenuti continuamente a bada. Sono talmente veloci a ricrescere che basta non tagliarli per un paio di anni e formano dei cespugli inestricabili, ma noi abbiamo falcetti, falcioni e decespugliatore, e non ci arrendiamo!